… il mare
io zitto zitto m’imbarco.
Chiamatemi Ismaele.
Qualche anno fa – non importa quando esattamente -avendo poco o nulla in tasca, e niente in particolare che riuscisse a interessarmi a terra, pensai di andarmene un po’ per mare, e vedere la parte equorea del mondo.
È un modo che ho io di scacciare la tristezza, e regolare la circolazione.
Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell’anima ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l’ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un robusto principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto: questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola.
Con un gran gesto filosofico Catone si butta sulla spada: io zitto zitto m’imbarco.
(Herman Melville, Moby Dick, Cap. 1)
— Il mare è amaro e il marinaro muore in mare; — rispose ’Ntoni. (I Malavoglia – Giovanni Verga)
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Immagine: El pescador di Joaquín Sorolla (Valencia, 1863 – Cercedilla, 1923)