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E Dio creò grandi balene

MOBY DICK
O LA BALENA

di Hermann Melville

traduzione di Cesare Pavese

Titolo dell’opera originale: «MOBY DICK OR THE WHALE» 1851

Nella vita di baleniere ai tropici vi avvolge una sublime mancanza di avvenimenti. Non sentite notizie, non leggete giornali, nessuna edizione straordinaria con resoconti impressionanti di banalità vi dà false e inutili eccitazioni; non udite parlare di dispiaceri domestici, di cauzioni fallimentari, di cadute di borsa, non avete mai il fastidio di pensare a cosa mangerete a pranzo, visto che per tre anni e più tutti i vostri pasti son belli e stivati nei barili e la lista è immutabile.

Quando fu pubblicato, nel 1851, Moby Dick passò quasi inosservato. Riscoperto dalla critica solo nei primi decenni del Novecento, è oggi universalmente ritenuto uno dei più bei romanzi di sempre.

Nella nostra biblioteca di racconti di mare Moby Dick non poteva mancare, non poteva mancare la follia del capitano Achab, non poteva mancare la balena bianca e meno ancora poteva mancare Ismaele:
“Chiamatemi Ismaele.
Qualche anno fa – non importa quando esattamente -avendo poco o nulla in tasca, e niente in particolare che riuscisse a interessarmi a terra, pensai di andarmene un po’ per mare, e vedere la parte equorea del mondo.”

A raccontarci la storia è Ismaele e il libro inizia proprio con la sua presentazione ai lettori. Poco importa credere se gli crediamo e se lui si chiami davvero così. Come il Vecchio Marinaio di Coleridge, Ismaele ci dice che ciò che sta per raccontare va oltre la verità e la menzogna. È la Storia.

Quando Ismaele-Melville ce la descrive lo fa collocandola nel contesto mitico dell’epoca. La balena bianca è un animale leggendario, un mostro conosciuto da tutti i marinai per le sue dimensioni e il suo carattere distruttivo. Tutti possono riferire un particolare o un aneddoto su di lei, alcuni credibili, altri meno. Si diceva fosse un demone divino o infernale. I racconti sul capodoglio si alimentavano a vicenda. Questo è il modo in cui Moby Dick si imprime con sempre maggiore violenza nella mente di Achab, e nella mente del lettore.

Achab è ossessionato da Moby Dick ai limiti della follia. Capitano scontroso, burbero, arrabbiato, egli si concentra solo e unicamente sull’obiettivo di uccidere Moby Dick, che risveglia in lui una ferocia terribile, con cui tutto l’equipaggio dovrà fare i conti.

ePubMoby Dick o la balena – epub
Mobi per KindleMoby Dick o la balena – mobi

(dall’introduzione di Cesare Pavese)
“Si legga quest’opera tenendo a mente la Bibbia e si vedrà come quello che potrebbe anche parere un curioso romanzo d’avventure, un poco lungo a dire il vero e un poco oscuro, si svelerà invece per un vero e proprio poema sacro cui non sono mancati nè il cielo nè la terra a por mano. Dal primo estratto di citazione «E Dio creò grandi balene» fino all’epilogo, di Giobbe: «E io solo sono scampato a raccontarvela» è tutta un’atmosfera di solennità e severità da Vecchio Testamento, di orgogli umani che si rintuzzano dinanzi a Dio, di terrori naturali che sono la diretta manifestazione di Lui. Quei primi capitoli, che sono anche parsi superflui, sulle tetre lapidi dei balenieri di Nuova Bedford e sul sermone di Giona, sono invece parte essenziale del racconto: il brivido della baleneria che si fonde, al primo manifestarsi, col terror sacro puritano. Poichè non c’è nulla di superfluo, rispetto al tono del libro, in quest’epigrafe:

CONSACRATO ALLA MEMORIA
DI
GIOVANNI TALBOT
CHE A DICIOTT’ANNI SI PERDÈ NEL MARE
VICINO ALL’ISOLA DELLA DESOLAZIONE
AL LARGO DELLA PATAGONIA
IL 1° NOVEMBRE 1836
QUESTA LAPIDE ALLA MEMORIA
LA SORELLA POSE

Moby Dick letto da E. Camponeschi

Moby Dick (John Huston, 1956) con Gregory Peck – scena finale

Immagine: Winslow Homer (1836 – 1910) – The Gulf Stream -1899

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