… in questo rapido sogno della vita.
Il roccolo di Sant’Alipio
di Antonio Caccianiga
Pubblicato nel 1881, questo romanzo storico che prende spunto da una storia d’amore, si sviluppa durante la rivolta del Cadore guidata da Pier Fortunato Calvi e continua durante la sfortunata difesa della Repubblica Veneziana guidata da Daniele Manin dopo la cacciata degli austriaci.
Il romanzo inizia con questa descrizione: “La neve cadeva a larghe falde a Pieve di Cadore, e il vento che soffiava dall’Antelao la portava sui ballatoi e sulle scale esterne delle vecchie case di legno, sui poggiuoli e sulle cornici dei balconi delle case nuove. Il nevischio penetrava in tutti gli angoli, si accumulava sugli abbaini dei tetti, si distendeva sugli spigoli sporgenti dai muri. Nella penombra della sera si vedevano i fuochi accesi nelle cucine; e il fumo che usciva dalle porte dei casolari, e dai camini delle case, spargeva d’intorno un odore di resina misto di fritto e di arrosto, che invitava gli abitanti a rientrare in fretta al loro domicilio.”
Ma in questo periodo di guerra (siamo a fine aprile del 2022), colpisce questa frase per sempre e da sempre valida: “– Oh maledetti gl’invasori!… maledetto colui che calpesta la terra bagnata del sudore dei nostri padri!… Che ciascheduno viva e comandi in casa propria, questa è legge di natura, questo è il più sacro diritto di tutte le nazioni del mondo!“
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E termina con queste parole: “Sior Antonio divenuto vecchio e sordo ha preso il posto del nonno Taddeo sull’antico seggiolone, e l’inverno quando la neve cade a larghe falde e la famiglia si raccoglie intorno al focolare, egli racconta sempre le stesse storie del quarantotto ai suoi nipoti, che si addormentano profondamente, come faceva il loro padre Tiziano quando il nonno Taddeo gli raccontava i fasti della repubblica di San Marco. E così passano gli anni, e si succedono le umane vicende in questo rapido sogno della vita.
Antonio Caccianiga (Treviso, 1823 – Maserada sul Piave, 1909) è stato un patriota, esule in Piemonte e a Parigi, prefetto e poi deputato al Parlamento, studioso di problemi di agricoltura, vivace giornalista (nel 1848 fondò e diresse Lo spirito folletto). La vita campestre (1867) è forse l’opera sua più nota. Ebbe varie cariche pubbliche: fu podestà e sindaco di Treviso (in quanto tale ebbe l’onore di far parte della delegazione che portò a Torino i risultati del plebiscito del Veneto del 1866 a re Vittorio Emanuele II), sindaco di Maserada, deputato del Regno d’Italia, prefetto di Udine, presidente del consiglio della provincia di Treviso, consigliere della Scuola Enologica di Conegliano (TV) e presidente dell’Ateneo di Treviso.
Immagine: Daniele Manin e Niccolò Tommaseo dopo la loro liberazione dalle carceri austriache (particolare da un dipinto di Napoleone Nani del 1876).