
Storia delle mie esperienze…
L’autobiografia di Mahatma Gandhi

Autobiografia di Gandhi
«Il mondo è sostenuto dal Satya o verità. Asatya, che significa menzogna, è come dire non esistente, mentre Satya vuol dire ciò che è. Se la menzogna non esiste neppure, è escluso che essa possa vincere, e la verità, essendo ciò che è, non può venir mai distrutta»
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Scrive Gandhi: «Io do un grande valore a queste esperienze, ma non so se sono stato capace di descriverle adeguatamente. Posso dire solo che ho fatto tutto il possibile perché la mia narrazione fosse fedele. Ho compiuto uno sforzo incessante per arrivare a descrivere la Verità quale è apparsa a me e nel modo esatto in cui io l’ho raggiunta. Questo esercizio mi ha dato un’ineffabile pace mentale, perché ho la grande speranza di recare la fede nella Verità e nell’Ahimsa ai dubbiosi.»
«L’esperienza mi ha insegnato che non vi è altro Dio che la Verità. E se ogni pagina di questo libro non dimostra che il solo mezzo per giungere alla Verità è nell’Ahimsa, debbo concludere che tutta la fatica per scriverlo è stata vana».
La biografia di Gandhi

Biografia di Gandhi
di Shri Bal Ram Nanda
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Nel mese di gennaio del 1948, prima che tre colpi di pistola mettessero fine alla sua vita, Gandhi era stato sulla scena politica per più di cinquanta anni. Aveva ispirato due generazioni di patrioti dell’India aveva scrollato un impero ed aveva dato vita ad una rivoluzione che avrebbe cambiato la faccia dell’Africa e dell’Asia. Per milioni di connazionali era il Mahatma – la grande anima – la cui sacra vista era una ricompensa di per sé stessa.
Einstein aveva detto di Gandhi nel luglio del 1944: “quasi nessuno crederà che qualcuno come questo, in carne e anima, abbia mai camminato sulla terra.” Benché la sua vita era stata continuamente spiegata come un dramma infinito, Gandhi sembrò a se stesso il meno drammatico degli uomini.
Con il suo abito caratteristico (letteralmente “panno da reni”), occhiali con montatura in acciaio, sandali grossolani, un sorriso senza denti e una voce che raramente supera un bisbiglio, ha avuto una umiltà disarmante. Ha usato una pietra al posto del sapone per il suo bagno, ha scritto le sue lettere su piccoli pezzi di carta con i rimasugli delle matite che poteva appena tenere fra le sue dita, ha fatto la barba con un grezzo rasoio ed ha mangiato con un cucchiaio di legno da una ciotola per carcerati. Era, se si dovesse usare le parole famose del Buddha, un uomo che ha avuto “entusiasmo, serietà, ritegno e controllo, costruiti per se stesso come un’isola che nessuna inondazione avrebbe potuto sopraffare.”

